Onorevoli Colleghi! - L'avvento della moneta unica ha indubbiamente rafforzato l'accezione comunitaria del panorama politico ed istituzionale europeo, il change-over valutario e la incessante armonizzazione delle normative finanziarie rendono improcrastinabile il riesame delle legislazioni nazionali in considerazione dei principi fondanti dell'Unione europea.
      In tale contesto vanno quindi rivisitate le normative più lontane dalle esigenze del mercato e dai princìpi di tutela dei diritti dei cittadini comunitari.
      La legislazione vigente in materia di banche popolari quotate necessita di una adeguata attualizzazione che possa contemplare il ripristino delle prerogative dei soci, con particolare riguardo per l'esercizio del fondamentale diritto di voto.
      In sintesi, risultano evidenti le motivazioni che supportano le tesi della presente proposta di legge:

          a) le banche popolari, in generale, e quelle quotate in particolare, hanno finito per perdere lo scopo mutualistico degli esordi, essendosi allontanate definitivamente dall'alveo e dalle finalità della banche cooperative;

          b) le banche popolari hanno sempre più esigenze proprie degli istituti bancari ordinari, con un'offerta diversificata dei prodotti finanziari e con un modello organizzativo che si avvicina sempre più a quello dei moderni istituti di credito;

          c) la propensione delle banche popolari alla raccolta di capitali esteri necessari

 

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per la modernizzazione del comparto e per le indispensabili politiche di aggregazione ha reso evidente l'apertura delle stesse al mercato nazionale ed internazionale;

          d) la contraddittorietà della stringente disciplina delle banche popolari trova la sua più grave espressione nelle banche popolari quotate che continuano a mantenere strumenti obsoleti, quali il voto capitario e la clausola di gradimento, che non solo disincentivano gli investimenti e sminuiscono l'appetibilità dei titoli, ma che riducono fortemente i più elementari diritti dei soci;

          e) la limitazione del diritto di voto dei soci rappresenta un unicum nel panorama creditizio europeo e mondiale ed i competenti organismi istituzionali europei hanno già richiamato il nostro Paese in ordine al mancato rispetto del principio della «libera circolazione di capitali» tra soggetti europei;

          f) il numero dei soci delle banche popolari quotate si avvicina al milione, a testimonianza di una partecipazione che, anche sotto il profilo numerico, palesa notevoli diversità alla storica matrice cooperativistica delle banche popolari.

      Appare inoltre opportuno ricordare che, già dall'inizio della XIV legislatura, la Camera dei deputati aveva approvato, con una maggioranza rappresentativa di tutti i gruppi parlamentari, un ordine del giorno, a firma Jannone, Lettieri e Di Luca che impegnava il Governo ad assumere le necessarie iniziative onde prevedere la possibilità di trasformazione delle banche popolari quotate nei mercati regolamentati in società per azioni di diritto speciale.
      La disciplina delle banche popolari è attualmente caratterizzata da:

          limitazione della partecipazione detenibile da un singolo socio: è stabilita nella misura percentuale dello 0,5 per cento del capitale sociale dall'articolo 30, comma 2, del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, limite che pertanto non si applica agli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari;

          voto capitario: un voto per socio, indipendentemente dal numero di azioni possedute;

          limitazione delle deleghe di voto: è possibile rilasciare delega solo ai soci per non più di cinque deleghe, ai sensi dell'articolo 2534 del codice civile;

          disciplina del gradimento: non basta essere azionisti per essere soci. Lo status di socio può essere negato mediante l'esercizio della disciplina del gradimento.

      Tali peculiarità evidenziano i seguenti profili di criticità del sistema:

          scarsa appetibilità dei titoli delle banche popolari per mancanza di contendibilità, con conseguente difficoltà di esercizio di offerte pubbliche di acquisto;

          prevalenza delle categorie di soci meglio organizzate: la disciplina delle deleghe di voto (solo ai soci e per non più di cinque deleghe, ai sensi dell'articolo 2534 del codice civile), favorisce le medesime (amministratori e dipendenti) a svantaggio delle altre (investitori ed utenti);

          tale posizione privilegiata disincentiva il ricorso al capitale di rischio;

          conseguente bassa efficienza complessiva della struttura;

          la disciplina del gradimento consente de facto l'esclusione arbitraria di soggetti investitori.

      Considerate tali premesse, il modello proposto con la presente proposta di legge, si basa sull'introduzione, in alternativa alla trasformazione per le sole banche popolari quotate al primo mercato in società per azioni ordinaria di cui all'articolo 31 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993, della possibilità di trasformazione in società per azioni di diritto speciale.
      Il modello suggerito prevede la modifica delle attuali caratteristiche essenziali:

 

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          a) limiti al possesso azionario: si può immaginare un innalzamento della soglia ad una percentuale inferiore o uguale al 5 per cento, consentendo tuttavia agli statuti di fissare un limite più basso, comunque non inferiore al 2 per cento. In caso di superamento dei limiti di possesso, si propone di introdurre una norma che consenta il permanere dei diritti patrimoniali, sterilizzando il diritto di voto per la parte che supera il massimo della partecipazione, senza alcun obbligo di alienazione di tale quota di eccesso;

          b) la disciplina del gradimento: si propone di limitare tale facoltà, meglio disciplinando le differenze tra lo status di azionista e quello di socio. In pratica si può supporre che l'azionista:

              -  divenga automaticamente socio qualora mantenga in proprietà le azioni per un certo periodo di tempo;

              -  possa farne richiesta, indipendentemente da quanto sopra. In tale caso la qualità di socio può essere negata solo nel caso in cui egli detenga una partecipazione superiore al 2 per cento del capitale e non sia in possesso dei requisiti di onorabilità introdotti dalla normativa bancaria vigente;

          c) il voto capitario: si propone di eliminare il voto proporzionale entro il tetto massimo del possesso azionario del 5 per cento;

          d) le deleghe di voto: si propone di porre un limite massimo legale di cinquanta deleghe, consentendo agli statuti di fissare un limite inferiore in relazione alla struttura della singola società, ma comunque non inferiore a dieci. Pare equilibrata la soluzione che prevede che a rappresentare altri soci debbano essere necessariamente soci della banca.

      Onorevoli colleghi, per comprendere le premesse e le finalità della presente proposta di legge basta osservare con attenzione i dati della tabella sottostante che si riferiscono al numero di dipendenti, di sportelli, alla capitalizzazione oltre che alla diffusione territoriale delle banche in esame.
      A fronte di una capitalizzazione media di oltre 1.100 milioni di euro e di un numero medio di dipendenti di 4.400 unità (che diventano oltre 1.800 milioni di euro e 7.100 unità, se consideriamo i primi cinque istituti per capitalizzazione) risulta difficile affermare di essere di fronte a banche etiche, strettamente legate al rapporto socio-cliente, a logiche che non sono solo utilitaristiche o del tutto analoghe a quelle dei competitori del sistema.
      Per dimensione e per distribuzione territoriale questi istituti sono vere e proprie imprese votate al business, tanto più che traggono sostegno finanziario dal mercato dei capitali in cui il legame mutualistico con il «socio azionista» è del tutto cancellato.
      Gli azionisti degli istituti menzionati superano nel loro insieme il milione di unità e spesso hanno acquisito i titoli sui mercati azionari senza conoscere i vincoli dell'esercizio del diritto di voto, vincoli che tra l'altro differiscono da istituto a istituto.
      Il fine della presente proposta di legge è, quindi, quello di tutelare i diritti dei soci delle banche popolari quotate, armonizzando la normativa italiana sulla base del principio fondante della libera circolazione di capitali e della tutela dei diritti degli azionisti.
      Il Parlamento ha già impegnato il Governo, con l'approvazione del citato ordine del giorno, alla predisposizione di una normativa che preveda la creazione di società per azioni di diritto speciale.
      La nuova forma giuridica prevista per le banche popolari quotate, se rapportata alla vetusta ed obsoleta formula cooperativistica, risulterà senz'altro più rispettosa dei diritti dei soci, della normativa europea, delle esigenze di mercato.

 

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